Gli articoli di Atelier Carenzio
La moda è sempre stata futurista: parte prima
“La moda femminile è stata sempre più o meno futurista. Moda equivalente del Futurismo. Velocità, novità, coraggio della creazione”, si leggeva così nel Manifesto della moda femminile futurista, scritto da Volt alias Vincenzo Fani, nel 1920.

Le protagoniste della moda e dello stile del nuovo secolo, saranno indubbiamente, Vionnet, Chanel e Schiapparelli, capaci di interpretare “a regola d’arte” il cambiamento che da lì a poco la moda e lo stile avrebbero subito, grazie ad una donna ormai all’avanguardia: mutevole, seducente, dinamica e protagonista del proprio futuro. Paradossalmente secondo Diana Vreeland, Vionnet, asseriva di non amare la moda e di insinuare una sottile ma aperta polemica nei confronti della ben più introdotta e seducente collega Chanel, considerandola una donna, sì di gusto ma una modiste, ovvero una che si intendeva di cappellini. mpossibile non notare la vena otre che polemica, decisamente sarcastica.

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Arte e moda risultano spesso essere lo specchio l’una dell’altra, fondendosi e sovrapponendosi, creando vere e proprie opere d’arte da indossare, e in alcuni casi sculture in movimento.

Un esempio è dato dal sodalizio stretto da alcuni couturiers e le Avanguardie, in modo particolare con il Futurismo. A partire dagli inizi del ‘900 la liason amoreuse tra arte e moda, ha dato vita non solo a incontri fortunati ma ha generato un nuovo modo di concepire lo stile, segnando cambiamenti ed innovazioni, rivoluzionando il modo di vestire.

A partire dal 1912, sotto i riflettori del mondo della moda, troviamo una delle più importanti couturier del XX secolo: Madame Vionnet apre i battenti della propria sartoria in Rue de Rivoli, costretta a causadella Prima Guerra Mondiale a chiudere temporaneamente. Nel 1914 ritroveremo Madame Vionnet a Roma dove il Classicismo che caratterizza le vie e le strade della città eterna, affascina la couturiere, influenzando lo stile delle sue creazioni. Sarà in questi anni che sperimenterà il taglio a sbieco dei tesuti, dando alla stoffa una sensazione di elasticità, realizzando modelli che permettevano di adattarsi meglio al corpo femminile, avvolgendo le curve con drappeggi, creando un effetto acquatico dell’abito. Vengono abbandonati i bustini e lo studio relativo all’elasticità delle stoffe rende quasi superfluo l’uso di cuciture, permettendo al tessuto di aderire alla silhouette. Grazie a questo tipo di taglio gli abiti iniziano a fasciare il corpo e le signore ben presto cominceranno a fare attività fisica per mantenersi in forma e di conseguenza poter indossare quegli abiti che getteranno le basi dell’alta moda del futuro. La maison riaprirà nel 1919 in Avenue Montaigne, divenendo una sorta di tempio della moda, grazie ai meravigliosi abiti creati da Madame Vionnet e alla splendida sede che li ospita. Negli anni in cui la guerra prende il sopravvento, un incontro importante con l’artista futurista Thayaht, arruolato nel movimento Futurista dallo stesso Marinetti, cambierà la vita e lo stile della maison Vionnet. Come spesso accadeva per molti artisti in quegli anni, anche Thayaht decide di partire per Parigi, la sua arte è ecclettica, spazia dalla fotografia alla scultura, dalla pittura al design, le sue linee e le sue forme sono caratterizzate dal rigore geometrico, dando la sensazione di estrema eleganza. Il sodalizio creativo tra Vionnet e Thayhat durerà circa cinque anni, a partire dal 1919 sino al 1925.
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Il loro intento sarà quello di liberare il corpo dalle costrizioni, lasciando ampio spazio al movimento, dando vita ad abiti che sembrano superare le leggi della materia, che sembrano fluttuare, che si assottigliano, riproducendo i movimenti dell’acqua. Madame Vionnet immagina donne senza bustini, a piedi scalzi, avvolte da tessuti leggeri. Insieme, Thayaht e la couturier, manipoleranno le forme e sperimenteranno sovrapposizioni di colori. Non bisogna dimenticare che Thayaht sarà l’inventore di uno dei capi di abbigliamento che diventeranno il simbolo del mondo operaio, ovvero la tuta. Lo stesso neologismo “Tuta” si deve a Thayaht, prendendo spunto dalle sovrapposizioni estetiche del modello, in cui si nota il delinearsi di una T, di una U e infine della A. Questo capo verrà introdotto anche nel guardaroba dell’uomo dandye nell’armadio delle signore proprio grazie a Vionnet, la quale diventa un simbolo di rinnovamento stilistico e sociale. A partire dagli anni ’30, Vionnet realizza i propri abiti utilizzando manichini alti 80 cm, che acquisiranno dimensioni reali solo in un secondo momento.

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Molti di questi abiti risultavano complessi non solo da realizzare ma anche da indossare, per questo motivo a volte era necessario che Madelaine, si dovesse recare presso le sue clienti per aiutarle ad indossarli. I famosi abiti a sirena dalle linee fluide, faranno impazzire le dive di Hollywood degli anni ’30 e ’40.

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Il 1939 segna il ritiro dalle scene e la chiusura della maison, nel 1975 Madelaine muore alla veneranda età di 98 anni. Per anni il nome di Madame Vionnet e la sua couture saranno avvolte dall’oblio, sino a quando nel 2006 sotto la direzione artistica di Goga Ashkenari, la maison riprenderà vita.

La vérité ça n’est pas facile à dire, ça n’est pas toujour facile à entender – mais ça vaut la peine! 

Madame Vionnet
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