Gli articoli di Atelier Carenzio
La bellezza di una domenica mattina: Azzedin Alaïa e la Haute Couture
Domenica mattina: l’aria è pungente e taglia la faccia ma se vi va di passeggiare con me, oggi vi porto al Marais, non per fare shopping ma per darvi la possibilità di lustrarvi gli occhi e ricordare uno dei più grandi couturier della moda con la M maiuscola, purtroppo scomparso recentemente!

Entriamo in uno dei tanti cortili di questo quartiere, che ogni volta riserva sorprese meravigliose, in rue de la Verrerie al numero 18: qui a partire dal 2007 troviamo la sede dell’Associazione Azzedine Alaïa, da lui stesso fondata per preservare il suo lavoro. A prima vista si ha l’impressione di entrare in un padiglione liberty in vetro e acciaio perché, in effetti, qui un tempo si collocava un’antica fabbrica di vetri parigina, che in seguito verrà scelta da Alaïa come abitazione e atelier.  In questo spazio lo stilista, nel corso degli anni, ha conservato e riunito le sue creazione e la sua collezione di abiti.

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Proprio in questo luogo è stata allestita una delle mostre più interessanti, presenti in questo momento a Parigi, interamente dedicata ad Azzedine Alaïa, probabilmente l’ultimo vero esponente della haute couture parigina e non solo, come egli stesso amava definirsi. Considero l’omaggio di Parigi ad Alaïa, uno degli appuntamenti imperdibili per chi si trova in città e ha ammirato nel corso degli anni le opere d’arte di questo stilista visionario e virtuoso, che non ha mai fatto della moda un’ostentazione ma una forma di eleganza senza tempo.

I vestiti mi piacciono quando sono belli, senza tempo, con pochi dettagli o ornamenti e in colori puri, che non invecchiano mai. Più sono semplici, più sono difficili da creare!

Azzedine Alaïa
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I suoi abiti sono i protagonisti della mostra, 35 pezzi iconici che hanno reso Azzedine Alaia un mostro sacro della moda. Prevale il bianco ed il nero, il cotone, lo chiffon e la pelle, creati seguendo la tradizione degli architetti-designer del 20esimo secolo, con la precisione di uno scultore.

La mostra si intitola “JE SUIS COUTURIER”, citando una delle frasi dello stilista stesso:

Non sono un designer, sono un couturier
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La storia di Azzedine Alaïa ha inizio nel 1957, quando trasferitosi da Tunisi a Parigi, lavorerà presso la maison Dior, condividendo il lavoro prima con Guy Laroche e successivamente con Thierry Mugler, per poi aprire un proprio atelier negli anni ’70, sulla rive gauche della Senna. Negli anni Ottanta le collezioni di Alaïa volano verso gli Stati Uniti, dove vestiranno donne del calibro di Grace Jones, la quale nel film “Agente 007- Bersaglio mobile”, indosserà proprio gli abiti dello stilista tunisino. Graviteranno intorno a lui e alla sua moda: Naomi Campbell, Madonna e Rachel Welch. Negli anni ’90 ispirato dalla musica hip hop e dallo street style, proporrà il Total Look Maculato, riconfermando il suo successo e consolidando la sua fama di couturier.

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Il pret a porter di Alaïa è degno dell’alta moda, per la ricerca della perfezione, la cura del particolare e per la sua fattura, inguaribile perfezionista non seguiva mai le scadenze imposte dalla fagocitante macchina della moda, sfilava quando e solo se riteneva che le collezioni fossero perfette! Azzedine Alaïa ha saputo trasformare la sua passione per la scultura, frequenterà infatti un corso di scultura presso l’Accademia di belle arti di Tunisi, in  una professione: quella del couturier, creando uno stile inconfondibile. Imponendo, non solo agli addetti ai lavori, la sua idea di femminilità scultorea, cucendo gli abiti addosso alle clienti, ricevendole nella sua casa e lavorando in un posto a lui caro come la sua cucina. Quel luogo dove per tanti anni si sono mischiati giornalisti, sarte, artisti e signore dell’aristocrazia francese, all’insegna di quell’ospitalità mediterranea che lo stilista traeva dalle proprie radici.

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Personalmente mi piace ricordarlo citando una sua dichiarazione, cosa altro avrebbe potuto dire un visionario-scultore della moda se non questo:

 Da Dior sono rimasto il tempo di un soffio: Da Guy Laroche ho imparato tutto quello che bisogna sapere in fatto di tecnica. Una cosa, però, devo ammettere: detestavo disegnare. A me interessava capire cosa c’era sotto gli abiti, come facevano a stare in piedi. Da piccolo, sono cresciuto studiandole creazioni di Balenciaga sulle riviste di moda. Negli atelier, finalmente, avevo la possibilità di capire come fossero possibili. Ero l’incubo di tutti: passavo il tempo a guardare dentro ogni bustier, dentro tutti i cappotti, sotto ogni tubino.
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