Gli articoli di Atelier Carenzio
L’arte è un universo in cui il tutto crea un proprio spazio
E se le parole diventassero pennellate di colore e, invece che su un foglio, prendessero vita su una tela? Molte volte mi sono trovata a riflettere sul concetto di arte: a scuola, durante l’università, nel mio lavoro o semplicemente per capire in quale direzione volevo che la mia vita andasse...

Ho sempre pensato, e lo penso tutt’ora, che sia arte tutto ciò che suscita emozioni positive o negative, tutto ciò che scuote e che provoca una reazione. Molti di noi traducono le emozioni in ciò che sanno fare meglio: le dipingono su una tela, le scrivono su un foglio bianco, le imprimono su una pellicola: insomma le trasformano in arte. A volte capita che tutte queste cose si fondano, la pittura e la scrittura spesso richiamano l’una l’altra, l’una rievoca l’altra.

Non vi è mai capitato di leggere un romanzo o alcuni versi di una poesia e associarli a un dipinto? Ogni tanto succede che le parole lette prendano forma e nella mia mente si trasformino in frammenti pittorici, piano piano le pagine assumeranno una consistenza pittorica. Ci sono romanzi e storie che più di altre potrebbero identificarsi con tele più o meno note, a me è capitato di recente con due classici della letteratura francese: “Il ventre di Parigi “ di Emile Zola e “Chéri” di Colette, seppur molto diversi tra di loro, entrambe hanno rievocato nelle mia mente dipinti di artisti famosi. Con il primo entrerete nel mondo arrivista e privo di scrupoli della borghesia che durante l’800, gestiva e lavorava nel ventre di Parigi, ovvero i mercati generali de Les Halles. Oggi non è rimasto più nulla di quello che un tempo erano i mercati de Les Halles, traboccanti di cibo, odori, persone che all’alba sistemavano sui banchi la loro merce, dei contrasti tra l’opulenza delle pescivendole di Florent, protagonista del romanzo, e la miseria di quella Parigi che vi ruotava attorno, fatta di ragazzini cenciosi, di mendicanti e prostitute. Qui in questo quartiere, che oggi ha completamente cambiato il suo volto, sullo sfondo del II Impero di Napoleone III, si consuma la vita di Florent, ex rivoluzionario giacobino, oppositore dell’imperatore con ideali repubblicani, che dopo aver trascorso un periodo di prigionia alla Cayenne, evade e torna a Parigi clandestinamente. A metà XIX secolo, l’architetto Victor Baltard progettò i padiglioni  in vetro e acciaio, che ospitavano le halles centrales, un mercato in cui si vendevano prodotti alimentari freschi all’ingrosso. Il mercato si trovava nel cuore di Parigi, nel I arrondissement, proprio nel quartiere di Les Halles, da cui prenderà il nome.

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I mercati verranno resi famosi dal romanzo di Zola “Le ventre de Paris”. Addentrandomi nella lettura , questo luogo di umanità brulicante, intenta incessantemente ad arricchirsi  senza scrupoli: sarà la stessa Lisa, cognata di Florent a denunciarlo, il romanzo prende forma come una opulente natura morta. Se le pagine di questa storia dovessero trasformarsi in un dipinto, sarebbe sicuramente una natura morta, dove farebbe bella mostra di sé ogni ben di Dio, dalla cacciagione al pescato fresco, dagli ortaggi appena raccolti alle forme di pane ancora caldo. Il tutto esposto su di un tavolo imbandito e pronto a soddisfare l’ingordigia della borghesia di allora, incancrenita nei propri intrighi e meschinità.

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Les Halles di allora era una sorta di supermercato a cielo aperto, dove era possibile trovare ogni tipo di genere alimentare, oggi al suo posto, un progetto avvenieristico firmato Patrik Berger e Jaques Anziutti, ha dato vita al Forum des Halles, un enorme centro commerciale sotterraneo dall’aspetto decisamente futurista.

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La Canopeé

L’elemento coreografico di maggiore impatto è la Canopeé, una coperture composta da scaglie di metallo e vetro, che non solo hanno un sistema di cellule fotovoltaiche che catturano l’energia solare ma creano contrasti e giochi di luce spettacolari all’interno della struttura.

Che dire, i parigini non sono nuovi ai forti e stridenti contrasti tra architettura moderna e quella che nei secoli ha fatto di Parigi la città più romantica del mondo. Il Forum Des Halle non solo ha ben poco di romantico ma stride con il contesto che lo circonda, a partire dalla bellissima chiesa in stile gotico di St-Eustache e i tipici bistrò parigini del quartiere.

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Forse è solo questione di tempo e come le piramidi in vetro e acciaio difronte al Louvre, che i giornali titolavano come uno sfregio sulla faccia di Parigi, il Forum Des Halles verrà digerito dai parigini ed inglobato nel paesaggio. Ad oggi i parerei sono contrastanti ed il mio non è da meno, quando mi siedo su una delle panchine che si trovano nei giardini che circondano interamente il Forum, ammirando l’esterno di St-Eustache, vengo colta dalla nostalgia per l’aspetto bohem che Les Halle aveva e rimpiango i vecchi padiglioni liberty in vetro e acciaio dei mercati generali che ispirarono Zola.

Chissà se un centro commerciale iper moderno potrà diventare il nuovo “Il Ventre di Parigi”.

Emil Zola – Il ventre di Parigi

Alcuni sostengono che l’origine del nome Macaron arrivi dall’Italia, in particolare da Venezia. Questo antico dolce medievale, chiamato in modo dialettale “maccarone”, che in veneziano significa impasto, e la cui radice sembra provenire dal verbo “ammaccare”, potrebbe spiegare la forma di questo dolce. In Inghilterra tra il XV e XVII, verranno chiamati maccaroon, con la desinenza “oon” per rendere la pronuncia più simile al francese e saranno molto apprezzati dalle signore dell’aristocrazia.


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Con il secondo romanzo “Chéri”, manteniamo l’atmosfera bohemeche ancora oggi si può ritrovare in  molti angoli di Parigi. Con questa lettura,vostro malgrado, vi troverete ad assistere a un menage a trois tra il Tempo, Léa e Chéri, in una commedia demi-mondaine, dove l’amore traspare carico di rimpianti.

Leggendo questo breve romanzo, la descrizione di Lea, riporta alla mia mente un dipinto che io amo molto, al punto di averne voluto la sua riproduzione sopra la testata del mio letto. Sto parlando della “Nascita di Venere” di A. Cabanel, opera del 1863, acquistata da Napoleone III per la sua collezione privata ed che oggi si trova al Musée d’Orsey.

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A quarantanove anni Lèonie Vallon, detta Léa de Lonval, concludeva una fortunata carriera di cortigiana danarosa e di ragazza semplice a cui la vita aveva risparmiato le catastrofi seducenti e i nobili dolori.

Attraverso un soggetto classico Cabanel raffigura una Venere sensuale ed erotica, così come lo era Léa. Da giovane, la cortigiana era la perfezione, ora il Tempo le ha dipinto qualche ruga attorno agli occhi, l’ovale del viso non è più perfettamente definito ma, nonostante questo, Chéri torna da lei. Da giovane i suoi tratti erano candidi e gentili come Cabanel ritrae la sua Venere che se pur ha forme tondeggiati, forse opulente come lo erano quelle dell’amante di Chéri, appare eterea, sospesa sulla spuma delle onde.

I dialoghi e le battute in questo romanzo, rievocano luoghi e personaggi ormai scomparsi. Le pagine di “Chéri” sono cariche di quella molle nostalgia, quasi come un raggio di sole al tramonto, una fotografia sbiadita che tutto sommato provocano una piacevole sensazione. “ Bah! La vita è breve, che almeno sia bella.”, scriveva Léa ad una amica, che a renderla bella fosse la relazione inusuale, fuori dai canoni tradizionali dell’amore, che viveva con Chéri?
Ma poi qual è la definizione di amore? Passione, compagnia, un riflesso dell’animo? Forse non lo sapremo mai, potrebbe avere le sembianze del destino che lega la vita di Léa, la quale dopo essere passata da un amante all’altro, senza mai concedersi all’amore vero, è apatica e stanca della vita, a quella di Chéri , giovane narciso annoiato.

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Quasi a ricordare un dipinto di Nicola Massa in cui viene ritratto un giovane Tranquillo Cremona, nelle vesti di un dandy, placidamente sdraiato dall’aria tediata.

I due sono fortemente legati ma recitano un ruolo cinico che non consente loro di farsi coinvolgere dai sentimenti. Il romanzo si inserisce perfettamente nel vortice degli amori, delle passioni dei giovani innamorati e delle loro amanti ageé , dei foyer dei teatri dove le signore dell’alta società in abiti da sera erano il simbolo della Belle Epoque, proprio come in uno dei tanti dipinti di Giovanni Boldini.

Se volete fare un salto nel passato e assaporare le atmosfere della vecchia Parigi allora “Il ventre di Parigi” e “Chéri” sono due ottime letture!

A la prochane!

Titolo: Il ventre di Parigi
Autore: Emil Zola
Pagine: 398
Editore: Rizzoli
Anno di pubblicazione
: 1994

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