Gli articoli di Atelier Carenzio
Rick Owens: l’irriverenza contemporanea
Il mondo della moda spesso da l’idea di essere una vera e propria giungla, un carrozzone di personaggi strani, intenti a comunicare la propria visione del mondo attraverso degli abiti e un mood che può diventare uno stile vero e proprio, che può piacere o meno ma, a volte, stupisce e, in alcuni casi, fa addirittura scandalo! Una delle figura che non si risparmia di certo stranezze ed eccentricità, nel panorama della moda, è Rick Owens.

Pur non avendo una particolare inclinazione per le sue creazioni, che ammiro comunque con stupore a ogni sua sfilata, ne riconosco il dissacrante genio creativo. Il suo modo irriverente e visionario di “fare moda” l’ha portato a essere il brand del proprio concept: è il caso di dire che con Rick Owens l’uomo si fa brand! Il suo ideale estetico, sembra ricomprendere il tutto e il contrario di tutto, gli opposti si conciliano, dando vita a un concetto di moda come strumento di interpretazione del tempo attuale e di protesta sociale.

I vestiti che creo sono la mia autobiografia: rappresentano la calma elegante a cui aspiro e i danni che ho fatto lungo la strada. Sono espressione di tenerezza e animo furente. Sono un’idealizzazione adolescente e la sua inevitabile sconfitta.
- Rick Owens


Se dovessi utilizzare due aggettivi per definire Rick Owens, sarebbero: provocatore e “glunge”, la sua estetica nasce infatti dall’incontro tra glamour e grunge.

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La sua è una storia che rimanda al passato, all’infanzia di un bambino fragile e pieno di risentimento. Nasce a Portville, in California, il 18 Novembre del 1961: sua madre è un’insegnante di origini messicane, il padre un assistente sociale che rifiuta di avere la tv in casa. Di conseguenza Rick cresce esplorando la libreria musicale del padre, dove i libri dedicati ai film di Hollywood in bianco e nero lo affascinano e contribuiscono a formare il suo senso estetico, insieme all’eco delle lunghe vesti nere indossate dalle suore della scuola cattolica che frequentava da piccolo. La sua attenzione, a suo dire, era attirata anche dai crocefissi o, meglio, dal corpo nudo di Gesù in croce. Non per nulla con il tempo sviluppa un’ossessione quasi maniacale per la cura del corpo, si allena quotidianamente e con il corpo ci gioca: trasforma la propria testa in una borsa, realizza il suo busto in versione gigante per la facciata di Selfridge a Londra e all’interno dei propri store ci sono chiari tributi alle opere provocatorie degli anni ’70 di Allen Jones. Owens fa riprodurre il proprio corpo in una evidente posa di sottomissione, trasformandolo in una scultura iperrealista che supporta un tavolino, così come poltrone e sedute per i camerini.

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Ha un trascorso da “poeta maledetto”, una passione per il Modernismo con un debole per il Futurismo, non indifferente alla sensualità dell’Art Nouveau. La passione per l’arte lo porta, nel 1979, a fuggire a Los Angeles, dove capirà che la carriera artistica non sarà la sua strada. Respira il fascino di una Hollywood decadente e corrotta, inizia a studiare modellistica e realizza abiti per i suoi amici. Il suo sogno era quello di diventare il nuovo Charles Jones, couturier scomparso nel 1978: anni dopo, nel 2019, Owens scriverà la prefazione del libro a lui dedicato. Il primo approccio con il mondo della moda lo avrà raccogliendo i disegni scartati da altri stilisti e debutta da Charles Galley, la più avant-garde tra le boutique di Los Angeles, dove esordiranno anche Martin Margiela e Azzeline Alaïa.
Fonda il suo brand  “Rick Owens” nel 1994. Produce le sue prime collezione a casa e le consegna personalmente alle boutique, Courteny Love indossa i suoi abiti e nel 2001 Kate Moss indossa una sua giacca in un servizio per Paris Vogue, fotografata da Corinne Day.

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Questa sarà la svolta, il suo stile che diventa perfettamente definito e riconoscibile, grigio, nero e bianco non sfugge all’occhi di Anna Wintour. Debutta così sulle passerelle di New York con la collezione autunno inverno 2002- 2003.

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Collezione dopo collezione, dagli iconici Grilled Boots, all’ossessione per la trasformazione strutturale degli abiti che sembrano quasi usciti da un mondo primordiale, Rick Owens non ha mai finito di stupire. Con la collezione uomo autunno inverno 2015-2016, ha portato in passerella tuniche aperte sul pube che mostravano i genitali dei modelli. Più che una provocazione, a mio avviso, una trovata pubblicitaria.

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Se si parla di Rick Owens, non si può non parlare di Michèle Lamy, suo alter ego, modella, artista, designer, performer e dal 2006 moglie di Owens. I due si conobbero nel 1988 e galeotto fu un impegno di lavoro, Michèle lo contattò affinché supportasse il progetto di sviluppo della linea di abbigliamento Lamy. Nel 2003 lasciano Los Angeles per trasferirsi a Parigi. Insieme costruiscono un loro immaginario che va oltre la moda, fatto di forza, stravaganza e insolenza, consolidando con il tempo l’aspetto di coppia creativa e direi esplosiva. Al loro headquarter di Parigi, da oltre vent’anni, si aggiunge la loro casa al Lido di Venezia, dove i due trascorrono l'estate.

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Le stravaganze di Owens non sono poche a partire, pare, dalle sue pratiche sessuali dal bondage con corde e imbracature portate anche sulle passerelle, arrivando al fetish e alle pratiche di pissing. Che dire … “de gustibus non disputando est”. Famoso anche per le sue immagini dissacranti, nel 2006 ne condivide una su Twitter: “ Rick Owens, Blow Job, 2006”.

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Personaggio discutibile o meno, nel 2018 la Triennale di Milano ospita la sua retrospettiva per celebrare i suoi vent’anni di carriera; la mostra viene allestita con abiti, accessori, installazioni, video e performance selezionate da Owens stesso. Pensate che un personaggio del genere lo si possa amare alla follia o detestare? Mentre vi chiarite le idee, vi consiglio comunque di dare un occhio alla sua ultima collezione SS 2025, presentata a Parigi, come sfondo il Palais de Tokyo. Buona visione!

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